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Non il solito Ukulele: l'Ukulele Tahitiano e la storia del mio personale Ukulele!

Aggiornamento: 30 lug 2022

siamo certi che stiate già pensando alle Hawaii, giusto? e invece è sbagliato!

O meglio, certamente l'ukulele che vi è venuto in mente, il classico chitarrino a 4 corde in nylon tornato alla ribalta grazie al successo di "somewhere over the rainbow" nella versione di Israel Kamakawiwo è uno strumento tipico delle Hawaii, ma non è l'unico ukulele esistente e, a dire il vero, forse nemmeno quello dal suono più rilassante e marittimo.


D'altro canto, le Hawaii e la Polinesia francese condividono la stessa cultura, appunto, quella polinesiana.


In Polinesia Francese, in ogni famiglia tahitiana almeno un membro suona l'ukulele polinesiano.

Questo strumento è un derivato del mandolino, motivo per cui è ad 8 corde (sovrapposte, ossia ogni coppia di corde suona la stessa nota, la prima e la seconda sono uguali, la terza e la quarta anche e via dicendo) ma con l'accordatura tipica dell'ukulele (soprano) e le corde in nylon, che donano anche a questo particolare ukulele un sapore tropicale.


Per dirla come me l'ha spiegata Puni, il capitano della nostra escursione a Bora Bora, i polinesiani hanno preso il mandolino dagli italiani e l'hanno reso più hawaiano!


Una particolarità di questo strumento è di risultare molto piatto e sottile e non presentare buchi sul fronte della cassa, tanto da chiedersi, a prima vista, come possa uscirne un volume decente.

Tutto è presto spiegato: il buco è sul retro, tanto che il suonatore può regolarne il volume coprendo il buco o meno con la pancia.

Il suono, rispetto al classico ukulele, è molto più brillante ed acuto, per via dell'ottava superiore utilizzata dalla sua accordatura; meno pieno, ma più risuonante, alla luce delle doppie corde che lo caratterizzano.




















Altra peculiarità: il ponticello è completamente mobile ed è raccomandabile farlo slittare verso l'alto quando non si sta suonando, per far durare di più le corde e allentare la tensione. Un segnetto, sapientemente lasciato dal liutaio, aiuterà a riposizionare il ponticello in legno una volta pronti a suonare nuovamente.


L'ukulele è stato il mio personale souvenir dalla Polinesia, infatti, me ne sono innamorato subito alla prima isola visitata, la bella Moorea, nell'arcipelago delle Società.

Di fianco ad un piccolo centro composto da un paio di banche, qualche negozietto di souvenir e un paio di ristoranti, ogni weekend si posizionano alcune bancarelle di artigianato locale.

Una in particolare ha colpito subito la mia attenzione perché una signora stava appendendo dei bellissimi ukulele dall'aspetto molto artigianale (senza loghi o indizi di industria) alla propria bancarella.

Mi sono avvicinato timoroso, perché in negozi più standard e turistici questi strumenti vengono venduti a cifre non inferiori a 250/300 Euro ed ero pronto ad arrendermi nuovamente ad una cifra eccessiva, soprattutto considerato il fatto che davanti a noi avremmo avuto ancora 5 voli interni da prendere, oltre ai 3 internazionali per rincasare e, l'ukulele non sarebbe mai entrato in altezza nel bagaglio a mano, costringendomi a piazzarlo nella tasca laptop del mio Borealis, dalla quale sarebbe sporto di non meno di 25/30 centimetri...

Tutti gli ukulele erano bellissimi, rifiniti con cura e lavorati a mano in ogni passaggio dal marito della proprietaria della bancarella.

La fascia centrale e quindi anche il manico formavano un pezzo unico di legno scuro, mentre le ali erano formate da altre fasce di legni locali... la cosa più bella però è stata scoprire il prezzo... circa 110 Euro!


Lo so, può sembrare molto per un souvenir, ma vi assicuro che per uno strumento (ben) fatto a mano è davvero un prezzo irresistibile!

E così, dopo qualche infruttuosa trattativa al ribasso, ho pagato la signora e infilato l'ukulele nel retro del mio zaino e... aspetti, una domanda: le corde come le cambio? si trovano in Europa?

Risposta: le corde di questi ukulele sono lenze da pesca da 13 kg di portanza!


All'inizio pensai: eccola là, ho acquistato lo strumento da uno che manco ci monta le corde vere... poi ho constatato che, invece, tutti gli ukulele dell'isola, anche quelli dei musicisti polinesiani famosi, montano lenze da pesca e le scelgono sempre, rigorosamente, verdi o, al massimo, fucsia!


Com'è andata a finire?

Il mio Uku mi ha seguito ovunque, su traghetti, sui cinque aerei ad elica di AirTahiti, su taxi boat che solcavano improvvisi temporali marini, sugli atolli disabitati di Tikehau, nelle foreste di palme da cocco e persino sui voli internazionali, fino a giungere qui a Milano, rigorosamente e spavaldamente sporgente dei suoi 30 centimetri dal mio zaino!


E ne è valsa la pena, il suo suono acuto e trillante e la morbidezza del suo legno racchiudono un potente incantesimo, in grado di riportarti in quel paradiso terrestre ogni volta che si strimpellano un paio di accordi!

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